Poi qualcosa di incredibile accade nella sua vita, qualcosa di violento e pericoloso che arriva sotto forma di una pecora...
Nei primi mesi di quest’anno è uscita una nuova edizione di un libro di Murakami Haruki (per rispettare l’ordine cognome-nome giapponese) che in Italia era già uscito oltre 25 anni fa. “Nel segno della pecora”, che ho deciso di rileggere in questa nuova edizione e traduzione perché ahimè ho ormai letto tutti i suoi libri tradotti in italiano, è un’opera con la quale come sempre il suo autore ci porta per mano – lentamente passo dopo passo – nel mondo unico ma riconoscibile e replicabile di libro in libro dei suoi personaggi, uomini spesso inetti e scoloriti che però incrociano situazioni e segni che hanno dell’incredibile. Un mondo fantastico che però non li travolge, ma li trascina a fatica, che li segna ma probabilmente non li cambia e non li allontana dalla loro distintiva “normalità”.
Qui il protagonista si trascina quotidianamente tra il suo lavoro che potrebbe essere creativo ma che lui fa del tutto per tenerlo a un livello inferiore e un bar, tra una birra e un panino, un frigo vuoto e un matrimonio fallito sul quale quasi non sembra farsi domande. Solo le orecchie della sua ragazza (dotate di un potere unico e particolare) illuminano di tanto in tanto con un bagliore inesplicabile la sua monotona quotidianità.
Poi qualcosa di incredibile accade nella sua vita, qualcosa di violento e pericoloso che arriva sotto forma di una pecora che diventa fonte di scoperte e accadimenti a catena. Ma se nelle mani di un altro scrittore tutto ciò avrebbe preso il sopravvento (come accade sempre quando in ballo c’è il fantastico e l’inafferrabile), Murakami fa scorrere tutti gli elementi nei binari del suo non-eroe che di libro in libro torna sotto diverse sembianze, così come i gatti o il sottofondo della città assordante e vuota ad un tempo che popolano le sue storie. Ed è questo che per me – sopra ogni altra cosa – lo rende grande.
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