Grandi registi e grandi autori affollano il festival. Matteo Garrone in concorso con il suo ultimo lavoro “Reality”, Bernardo Bertolucci fuori concorso con “Io e te”, tratto dall’omonimo romanzo di Niccolò Ammaniti, Dario Argento sempre fuori concorso con “Dario Argento Dracula 3D”. E poi Alain Resnais, Abbas Kiarostami, Ken Loach, Michael Haneke, David Cronenberg. Tutti rigorosamente in concorso per la Palma d’Oro.
Il festival è iniziato con le nostalgiche immagini di “Moonrise Kingdom”, l’ultimo film di Wes Anderson. Ambientato in un’isola del New England, a metà degli anni Sessanta, è la storia d’amore di due dodicenni, Suzy e Sam, e della loro fuga, lungo un antico sentiero.
Chissà quanto ci farà ridere con lacrime di commozione agli occhi questa volta. Ancora una volta.
Da quando la mirabolante tecnologia del digitale terreste ha raggiunto anche camera mia, quasi tutte le notti m’addormento con la tv accesa. E fra repliche di meravigliose soap, per ben tre volte mi sono imbattuta nella messa in onda di “The Royal Tenenbaum”. E sempre la stessa scena. Richie (Luke Wilson) davanti allo specchio. I capelli tagliati sul lavandino e il sangue che scende dai polsi. Resto là. Senza neanche sbattere le palpebre. C’è qualcosa di magnetico. In tutta la pellicola. Forse quei due poli opposti che si rincorrono per tutto il tempo. È già troppo tardi. E non è mai troppo tardi. È troppo tardi per ritrovare e inseguire le utopie e i colpi di testa della gioventù. Ma c’è ancora tempo. Tempo per ricongiungersi con la propria famiglia, chiudere un matrimonio, dichiarare un amore taciuto.