“A 17 anni non si può essere seri. E nessuno può farci niente.”
Il fatto è vero. In un tranquillo paese operaio e portuale degli Usa, diciassette ragazze, tutte minorenni, decidono di rimanere incinta. Tutte e contemporaneamente. Un atto di rivolta e di affermazione. “Perché noi non saremo mai come i nostri genitori”. Un racconto un po’ improbabile e un po’ disperato, con una sconfitta segnata nel proprio destino. Ma rimane la positività di quella ribellione poetica, quella che si può avere solo a quell’età.
È l’esordio alla regia delle sorelle francesi Delphine e Muriel Coulin. Acclamato alla Settimana della Critica a Cannes e poi Premio Speciale della Giuria a Festival di Torino, esce oggi nelle nostre sale, nonostante la prestigiosa commissione censura abbia deciso di vietarlo ai minori di quattordici anni. Come se ragazzini preadolescenti e brufolosi affollassero i nostri cinema. E quelli che invece decidessero di spendere i sette euro del biglietto fossero stupidi. Sono minori. Non minorati. E il male non viene dal cinema, per quanto possa essere utile pensarlo. Si censura il film per la scena dell’acquisto di un test di gravidanza, mentre altri non vengono toccati. Forse perché quello che fa pensare in qualche modo è sempre fastidioso.